Il "problema" degli ibridi
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Un ibrido

Perchè occorre “stare lontano” dagli ibridi?

di Francesco Zezza ed altri autori

 

Premessa: questo articolo è stato scritto a più mani dal Dr. Ron Coleman, dal Dr. Michael K. Oliver, dal Dr. George Reclos e da Francesco Zezza e pubblicato prima sul sito Malawi Cichlid Homepage poi su portale MCHportal. Per la prima volta, in italiano, viene ora proposto sul sito del CIR.

 

Serve a motivare la mia avversione TOTALE (senza “se” e senza “ma”) agli ibridi di qualsiasi pesce (non solo ciclidi) e spero serva convincere un po’ di acquariofili “poco attenti”.

Conosciamo tutti il Red Parrot un “ciclide” ibrido che è sul mercato da parecchio tempo per molte ragioni (ignoranza degli acquariofili e concetto del “chisseneimporta” in primo luogo), sembra che tutto quanto – sin qui – scritto su questo argomento non sia servito a distogliere gli allevatori dai facili guadagni perseguibili in questo campo.

Il Red Parrot è un “ciclide” che è, come detto, sul mercato da oltre un decennio (al tempo in cui l’articolo originario fu scritto, ora sono molti più anni), ma (come se non bastasse) gli allevatori commerciali propongono ora un altro “mostro”. E’ stato, infatti, annunciato il “Flowerhorn”, un altro pesce, non presente in natura, che è frutto della manipolazioni dell’umano “ingegno”. Per gente come noi, appassionati di ciclidi (africani e non solo), che ci prodighiamo al massimo limite per allevare, riprodurre, vendere/regalare pesci geneticamente “puliti” tutto ciò è, semplicemente, INACCETTABILE!

La sola idea è disgustosa.

Usare i “Gioielli della Natura” per produrre, manipolandoli, un “Franken-Fish” (secondo la definizione del Dott. Ron Coleman) è cosa inaccettabile e da contestare, come minimo, a piena voce. Questo articolo nasce da tutto quanto sopra.

Occorre impegnarsi perché un numero di persone sempre più vasto sappia queste cose, prenda coscienza della situazione e capisca che questo (ed altri) ibridi non hanno nessuna ragione per nuotare nelle sue vasche. E’ una brutale operazione commerciale di allevatori senza scrupoli che attraverso mezzucci vari (un look fascinoso, un nome accattivante, un richiamo a differenti credo religiosi e/o filosofici) punta alla massimizzazione di un profitto che, conseguito in modi diversi, sarebbe assolutamente lecito.

MCH (e non solo, come vedrete nel seguito) è assolutamente contraria a tutto ciò, ha intenzione di combattere questo fenomeno e coloro che intendono, per meri motivi di profitto, intendono … “giocare a fare Dio” (e mi si passi l’iperbole!!!).

Un "Flowerhorn" ospitato – foto sopra, proposta scientemente di piccole dimensioni - in una vasca realizzata secondo le “istruzioni” dell’allevatore.

Al riguardo questo il mio personale (Francesco Zezza) punto di vista:

Io non sono uno scienziato ne un ricercatore ma un semplice (posso dire avanzato) hobbysta abbastanza fortunato da avere visitato (allora) due volte il Lago Malawi e il Bacino Amazzonico (ad oggi anche il Messico). Non possedendo un adeguato “back-ground” che mi consenta di discorrere di genetica, di ibridazione e cose simili mi limiterò a ragionare sul, chiamiamolo così, “well-being” ovvero la vita (per quanto possibile, di qualità) dei pesci che ospito/andrò ad ospitare nelle mia vasche, cosa che comporta almeno la necessità di comprendere, e rispettare, le esigenze “vitali minime” dei pesci stessi. Con questa premessa concentriamoci un attimo sui suggerimenti dell’allevatore per crescere (ed educare!!!) quest’ultimo frutto dell’umana follia. Vengono chiamate “istruzioni” come se ci si stesse riferendo ad un giocattolo e non, COMUNQUE, ad un Essere Vivente. E dunque:

Il valore (!!!) di un ”FlowerHorn” deriva dalla dimensione della “bozza” frontale [1], dalla tonalità rossa delle sue pinne, dalla foggia del corpo, dal numero/colore/foggia dei “punti” sul suo corpo [2]. Per favorire lo sviluppo di una “bozza” frontale di notevoli dimensioni è utile posizionare in vasca uno specchio che tenga il pesce in stato di eccitazione, in tal modo i colori e la dimensione dalla “bozza” risulteranno fortemente enfatizzati [3]. E’ consigliato arredare l’acquario con pietre colorate, perché giocare con le pietre è un’altra attività che accrescerà (in base a che cosa?) le dimensioni della “bozza” frontale [4].

 

Vediamo brevemente:

 

[1] Nulla di nuovo, la “bozza cefalica” è carattere sessuale distintivo di molti ciclidi (maschi), non c’è bisogno di scegliere un ibrido per allevare un pesce con questa, per altro intrigante, caratteristica somatica.

[2] Come sopra, pesci correttamente proporzionati e colorati sono apprezzati da tutti gli acquariofili, inoltre ogni ciclide – se correttamente allevato – ha una foggia e dei colori gradevoli, non c’è bisogno di scegliere un ibrido per allevare un pesce con questa caratteristica somatica.

[3] Grandioso suggerimento!!! Provate ad immaginare una intera vita trascorsa in stato di tensione, minaccia, paura. Questi allevatori hanno mai sentito parlare di stress dei pesci?

[4] Ennesima dimostrazione della superiorità dell’umano intelletto. Questi pesci (i ciclidi centro-sud americani cui i “FlowerHorn” in qualche modo, lontanamente, si rifanno) provengono da un ambiente fatto di ombre e colori smorzati. Mi domando – davvero – chi abbia avuto, per primo, l’idea di allevarli in una vasca arredata come una discoteca!

Concludendo: state lontano da simili brutture, abbiate rispetto per i pesci (ed ancor più per Madre Natura) e non ve ne pentirete, mai! Se questi pesci non sono apparsi in natura, per merito della Selezione Naturale, ci deve pur essere un motivo! Chi mai siamo noi per poterci permettere di dare vita a dei “mostri”?


Discutendo dell’argomento con il Dott. Ronald Coleman egli ha dato una spiegazione del suo punto di vista che reputo illuminante e ritengo di dover riportare perchè meritevole di lettura:

"Per come la vedo io sembra esistere una certa cultura in base alla quale animali (e piante) sono sulla terra a solo beneficio degli esseri umani, questa cultura guarda agli animali selvatici – considerati non perfetti – come qualcosa da manipolare e, nel loro modo di intendere, “perfezionare” per avvicinarli al loro metro di giudizio pratico od estetico. Questo è stato l’approccio che ha prodotto il ciclide “Kiran” (nome comune americano su cui, per inciso, non sono riuscito a trovare altre informazioni) e sembra essere lo stesso in questo caso, ad esempio il rosso è una caratteristica “desiderabile” altre  meno … (quindi occorre regolarsi di conseguenza).

 

E difficile (o forse impossibile) far cambiare idea a queste persone perché comporterebbe, nella pratica, fare completamente cambiare la loro visuale del mondo in campo religioso/culturale/morale. Queste persone considererebbero come “errato” il voler dire loro di non fare ciò che stanno facendo sostenendo che il loro approccio alla vita è valido tanto quanto quello dei sostenitori della biodiversità degli organismi selvatici. Personalmente non sono d’accordo ma professare questa posizione rende proni alla critica di essere culturalmente bigotti o imperialisti.

 

Cercando di spiegare che se questo processo continuerà il mondo sarà pieno di pesci rossi, dalla testa “quadra” (blockhead) che non possono nuotare correttamente si otterrà, immancabilmente, una risposta del tipo: “e cosa c’è di errato?” In aperto contrasto con la mia (o vostra) posizione, che considera tutto ciò come un inaccettabile sottoprodotto dell’attività umana.

 

Che fare, quindi? C’è – temo – poco da fare per contrastare la distribuzione di simili pesci che continueranno a “nascere” sino a che ci sarà gente che li comprerà. Molta gente compra questi pesci perchè sono “carini”. Informare chi compra simili pesci (su cosa, effettivamente, sono e del fatto che non hanno alcuna relazione con la natura) è probabilmente l’unica via praticabile anche se le persone che vanno in negozio a comprare questi pesci perché “carini” sono le stesse persone che non assumono alcuna informazione prima di comprare un pesce. Ritengo quindi che simili “cosi” continueranno ad essere venduti.

Il Red Parrot non mi preoccupa perchè è un “non-pesce” (sostanzialmente è un ibrido sterile), sono molto più preoccupato dall’altro (FlowerHorn) che sembra molto più “vero” mostrando chiaramente tratti tipici dei ciclidi Centro Americani (ad esempio Amphilophus trimaculatus e chissà cosa altro). Questi pesci sono mutevoli in natura, difficili da identificare chiaramente: questo stato di cose semplicemente intorbidirà le acque, con la conseguenza di farli passare come qualcosa di “esotico ed importato” il che comporterà un elevato prezzo di vendita con tentativo da parte dei negozianti di classificarli come specie “pure”, la situazione cambierà rapidamente con i figli delle coppie acquistate che nessuno vorrà e che finiranno, ragionevolmente, nel circuito commerciale come "Cichlasoma spp.".

 

Si potrebbe scrivere a lungo sull’argomento le persone che, regolarmente, leggono MCH (e adesso MCHportal) sanno come la pensiamo e sanno che, in definitiva, si può solo essere contro questo stato di cose. Il Dott. Ron Coleman, specialista della riproduzione di pesci, ha scritto un lungo articolo sull’argomento. E con il suo permesso lo riportiamo nel seguito.

 

L’articolo del Dott. Ron Coleman:

 

La creazione (voluta od accidentale) di ibridi in acquario è argomento importante e controverso, questo il mio punto di vista:

La domanda tipo che ricevo (da acquariofili e non solo) è “il mio maschio specie UNO ha deposto con la mia femmina specie DUE, mai sentito qualcosa del genere? Che devo fare per crescere i piccoli?”. Le varianti sono: “potrò arricchirmi vendendoli? Oppure: “qual è/sarebbe il loro nome corretto?”

La faccenda solleva interessanti quesiti di natura etica e filosofica, cui proverò a rispondere rispondendo a domande specifiche.

Prima un po’ di terminologia: “Ibrido” si riferisce al risultato dell’accoppiamento di un maschio di una specie con una femmina di un’altra, spesso è definito anche “incrocio”.

1. Mai sentito nulla del genere?

Qui è facile rispondere: Si, certo! L’ibridazione è cosa comune in acquariofilia. Praticamente ogni ciclide centro americano “ibrida” con un altro, stesso discorso per molti M’buna. Ho report di (ciclidi) depositori orali che hanno ibridato con depositori “su substrato”. L’ibridazione – in acquario - è evento tutto meno che raro.

2. Succede in natura?

Qui è più difficile rispondere ma dai mie dati e dalle mie osservazioni in natura (sui ciclidi Centro Americani), da quanto ho letto, e da quanto ho appreso da altri ricercatori posso affermare che l’ibridazione – in natura – è evento estremamente raro. E’ invece sorprendente il fatto che due specie che in natura si ignorano in acquario ibridano con facilità.

3. Diventerò ricco producendo ibridi?

No. Gli hobbysti avanzati aborrono gli ibridi (e, in franchezza, coloro che li producono). Ogni tanto qualcuno produce una nuova “meraviglia” mediante ibridazione e, in alcuni casi, riesce anche a vendere. Comunque solitamente chi produce ibridi viene “isolato” dalla comunità acquariofila e si guadagna una reputazione che, ammesso che in futuro interrompa la pratica, è difficile da cambiare.

4. Qual’è il corretto nome scientifico per un ibrido?

Gli ibridi non ricevono un nome scientifico (nomenclatura binomia) in altre parole non è possibile creare una nuova specie nella propria vasca. Incrociando un “Texas Cichlid”, Herichthys cyanoguttatus con un “Convict” Amatitlania nigrofasciata (già Cryptoheros nigrofasciatum) il nome più corretto da usare è Hericthys cyanoguttatus x Amatitlania nigrofasciata, ovvero i due nomi uniti da una “x”.

5. Perchè gli ibridi sono così riprovevoli?


Per vari motivi, a livello filosofico molte persone non amano gli ibridi perchè li considerano un atto di arroganza legata a quella convinzione, già vista, secondo la quale possiamo migliorare la Natura. Queste persone (che includono il Dott. Ronald Coleman e, ad infinitamente più terrene altezze, il sottoscritto) ritengono anche che con oltre 1500 specie di ciclidi naturali non ci sia bisogno di “crearne” di altre.

 

A livello più pratico gli ibridi creano enormi problemi agli appassionati, problemi che alla lunga possono risultare insormontabili, supponiamo ancora di avere ibridi come quelli sopramenzionati. L’allevatore accorto li terrà separati (dagli altri) e strettamente sotto controllo, ma – alla lunga – uno dei pesci potrebbe saltare in un'altra vasca (evento assai comune tra chi gestisce una “fish room”), a questo punto la situazione “va” fuori controllo.

 

Ibridi potrebbero essere venduti/regalati a chi non è conscio del problema e che, a sua volta, potrebbe restituirli (successivamente) ad un negozio dimenticando – più o meno intenzionalmente – di fare menzione della situazione. A questo punto la “proliferazione” diventa incontrollata (ed aggiungo pressoché impossibile da riportare sotto controllo).

 

La prima generazione (F1 hybrid) sarà qualcosa “a metà” tra le due specie genitrici ma sarà la generazione successiva (F2) a creare il problema. Perché? Perché i nuovi nati avranno la foggia di qualcosa che ha un aspetto che – arbitrariamente – si richiama agli ibridi iniziali, potrebbero – in casi estremi – assomigliare ad UN genitore. Questo, segnatamente, è un disastro perché un pesce che assomiglia ad un genitore ma non è (geneticamente) quello, non ha il dovuto “corredo genetico”.

 

Immaginiamo poi che questi pesci (cresciuti) vengano ritornati ad un negozio e quindi, come ovvio, re-immessi sul mercato la conseguenza è che potremmo acquistare un ciclide “X” ma in realtà è un pesce (ibrido) F2 di ciò che in origine è stato un incrocio di specie UNO x specie DUE. Arrivati a casa presentate il vostro (sedicente) pesce “X” all’altro esemplare “X” (di sesso opposto) in vostro possesso ed i due, per qualche strana ragione, riproducono … vi trovate con una moltitudine di “ibridi incerti” da gestire.

 

6. Trattare con gli ibridi


La soluzione è semplice. Soppressione immediata, se vi trovate in difficoltà a distruggere un mucchio di “uova ibride” provare a pensare di dover agire contro avannotti formati o, addirittura, giovanili. La gestione di questo aspetto spiacevole è vostra responsabilità ma ASSOLUTAMENTE PER NESSUNA RAGIONE vanno distribuiti ibridi a chiunque sia (a meno che non siano destinati ad essere usati come cibo vivo).

 

7. Come evitare di “prendersi in vasca” ibridi?


In prima battuta rivolgersi a venditori effettivamente affidabili, evitando in ogni modo le vasche etichettate come “Ciclidi Africani Misti”, cosa che indica chiaramente che il negoziante non ha la minima idea di cosa stia vendendo.

 

La conclusione? EVITATE GLI IBRIDI.


Trovo rassicurante che i ciclidofili continuino a mantenersi fortemente distanti dagli ibridi, cosa che non accade in molti altri campi dell’allevamento animale per hobby. Questo abito mentale dei ciclidofili fa si che, ragionevolmente, si possa entrare in un negozio, in ogni parte del mondo, ed acquistare pesci verosimilmente puri. NOTEVOLE!

 

Il Dott. Michael K. Oliver ha, poi, aggiunto quanto segue:

Mi permetto di aggiungere, alle considerazioni degli altri Autori, quanto segue:

Un’altra dimostrazione della “necessità” di migliorare quanto scaturito da milioni di anni di evoluzione della specie è la pratica di “colorare” i pesci”. Questi interventi (altamente invasivi sui soggetti sottoposti al trattamento) durano alcuni mesi, in questo caso non siamo di fronte da ibridi veri e propri ma a frutti della medesima mentalità errata!

Una forma meno estrema di ibridazione (rispetto al Red Parrot) riguarda i ciclidi del Malawi (secondo pratiche già viste per i ciclidi “neo-tropicali”). Un ibrido artificiale che sta prendendo diffusione è la cosiddetta "Aulonocara Marmalade Cat" o "Aulonocara `bicolor'." (ma anche Aulonocara “OB”), ad onta del pregevole aspetto ritengo siano esemplari sconosciuti in natura. Sono l’incrocio di uno sconosciuto appartenente al “complesso Haps” con uno M’buna, la sola specie che in natura presenta in gene “OB”.

Intendo riprendere il punto già espresso: i ciclidi sono una delle famiglie (di pesci) più vaste con oltre 1500 specie che includono anche rarità biologiche come il raro maschio di Labeotropheus trewavasae (sotto) che presenta usualmente il gene OB solo nelle femmine. Parafrasando Samuel Johnson a proposito di Londra quando si è stanchi della diversità naturale dei ciclidi si è stanche della vita.

Un ultimo punto: questo articolo si focalizza sui ciclidi prodotti intenzionalmente (a scopo commerciale) mediante l’esasperazione di caratteristiche somatiche/genetiche comunque presenti in natura. La pratica rigettata nei ciclidi è comune in altri campi (es.: pesci rossi frutto di una millenaria tradizione “selettiva ”cinese, ma anche nei cani e non solo). Non c’è nulla di nuovo, dunque. Non ho dubbi, solo come esempio, che qualcuno sia all’opera per impiantare “geni bioluminescenti” nei ciclidi da vendere come “Luci Notturne Viventi”.

 

Date in ultimo, cortesemente, uno sguardo alla pagina di Ron Coleman che tratta, in dettaglio, le problematiche del Parrot Cichlids, oppure alla pagina di Philippe Burnel Museum of Horrors.

 

Questo articolo è frutto – come detto - di uno sforzo congiunto del Dott. Michael K. Oliver (The Cichlid Fishes of Lake Malawi, Africa), Dott. Ron Coleman (The Cichlid Research), del Dott. George J. Reclos e di Francesco Zezza (MCHportal) per informare in merito alle vere storie che stanno dietro questi “mostri” e sul fatto che nessuno dovrebbe acquistarli in modo che ne venga smessa la produzione. Nostro compito è trasferire queste informazioni a quante più persone è possibile. Perchè la sola plausibile risposta alla domanda “Chi ha bisogno di un altro ibrido” è: “Nessuno!!!”

 

Addendum del 01.12.2003: "la previsione, con minime differenze, si è avverata. Il gene della bioluminescenza – “tratto” da alcune meduse – è stato inserito non in un ciclide ma in Danio rerio da parte di ricercatori di Singapore. Secondo Journal Nature (vol. 426, p. 372, 27 Nov. 2003) questi pesci “geneticamente ingegnerizzati” saranno commercializzati a partire dal gennaio 2004. Provate a dormire quando voi ed i vostri compagni di vasca luccicate nel buio e non riuscite a chiudere occhi! M. K. Oliver.

 

Gioca a questo punto aggiungere che, fortunatamente, la commercializzazione di questi pesci è stata proibita (e bloccata) in Italia – ma non solo! - PRIMA del loro arrivo sul mercato e lo stesso è accaduto (almeno formalmente) per i Red Parrot.

 

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