Chaetostoma thomasi, di Giovanni Tertulliani
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Fra tutte le specie di Loricaridi che ho avuto la possibilità di mantenere in acquario, il Chaetostoma Thomasi è sicuramente uno di quelli a cui mi sono maggiormente affezionato.

La sua forma veramente inusuale, la testa che richiama un bulldog (da qui il soprannome di Bulldog Pleco, che gli hanno dato gli Americani) e la forte personalità che si esplica in un accentuato comportamento territoriale, mi hanno sempre affascinato. Oltre a ciò il Chaetostoma dimostra discrete capacità di modificare la propria colorazione, variandola da marroncino scuro a chiaro, con forti toni verde oliva, a seconda dell’ambiente in cui si trova e soprattutto dell’intensità dell’illuminazione.

Alla colorazione scura del dorso fa da contrasto il colore biancastro della parte inferiore del corpo, caratteristica tipica di questo pesce. Nei Plecostomidi, negli Ancistrus e nelle Peckoltie tale parte del corpo rimane, invece, scura.

Un’altra notazione interessante è quella relativa al tipico disegno dorsale, caratterizzato da un forte accentuazione dei bordi delle scaglie, che sembra trasmetterci quella sensazione di inattaccabilità che è propria degli “armadilli”, i caratteristici mammiferi “carro-armato” del Nord America.

Da ciò si deduce facilmente che Chaetostoma Thomasi è un pesce molto robusto, che non teme di essere attaccato, facendo ampio affidamento sulla protezione che gli viene fornita dalle scaglie ossee che gli proteggono il dorso, oltre che dalla sua forma molto compatta e tozza che offre pochi appigli agli eventuali aggressori.

Affrontiamo il tema con più sistematicità.

Chaetostoma (o Chaetostomus) Thomasi è stato descritto per la prima volta nel 1904 dallo studioso  naturalista americano C.T. Regan, uno dei primi a descrivere e classificare gran parte dei Loricaridi (ma non solo quelli) del continente americano.

Pertanto è un pesce conosciuto da oltre un secolo ma la sua presenza nel circuito acquariologico italiano è stata, negli ultimi anni, superata e oscurata da specie di più facile commercializzazione.

Insomma, a sentire molti “amici” commercianti, questo pesce non “tirerebbe” come altri. Io, in realtà, mi sono divertito ad indagare un po’ di più, chiedendo in vari negozi notizie circa la disponibilità di questo pesce: insomma, certe volte ho addirittura scoperto che il negoziante non lo conosceva proprio, altre volte mi è stato chiesto di prenotarlo e lasciare un anticipo a scatola chiusa, perché non presente nei listini dei grossisti, altre volte, beh lasciamo perdere………….e chiudiamo la polemica.

Fortunatamente, nel corso degli anni qualcuno più esperto e appassionato l’ho incontrato e, proprio in queste occasioni, oltre che imparare molto, ho avuto l’opportunità di entrare in possesso anche di questo pesce, ospitandolo nei miei acquari.

In quale areale vive questo pesce in natura ?

La provenienza è l’America del Sud, in particolare le zone interne della Colombia. Durezza e PH non sono da considerarsi elementi critici per l’allevamento, mentre la temperatura dell’acqua e il suo contenuto di ossigeno sono più importanti. Difatti, in condizioni normali, 21°-25° C rappresentano un range ottimale di temperatura. In condizioni di forte movimento dell’acqua, che richiami la tipologia torrentizia dei luoghi di origine, la temperatura può salire di qualche grado, ma in ogni caso non è assolutamente consigliabile superare i 30°C per periodi lunghi.


Come si può osservare nella foto a sinistra, la bocca di Chaetostoma, sembra quasi sproporzionata rispetto al resto del corpo ed è caratterizzata da labbra molto grosse e spesse, che rendono splendidamente l’idea della spiccata capacità che questo pesce ha, di rimanere attaccato al substrato anche in condizioni di forte corrente, nonché della specificità della sua alimentazione, rappresentata in natura da alghe, particelle di legno, micro-organismi e uova presenti nel substrato.

Quando ho ospitato i Chaetostoma, ho avuto l’opportunità di farlo utilizzando una vasca da 330 litri lordi; ovviamente non erano loro gli ospiti principali, che erano invece rappresentati da Ciclidi di varie specie. L’acquario era arredato con molte piante, legni e rocce che offrivano nascondigli vari. Gli esemplari erano 3, lunghi inizialmente circa 5 centimetri; non superavano gli 8 centimetri quando li tolsi dalla vasca dopo 4 anni circa, per regalarli. Credo, perciò, che questa sia la massima dimensione a cui possono arrivare in acquario. In letteratura si legge anche di esemplari lunghi 10 centimetri, io però non li ho mai visti.

Come dicevo, gli esemplari erano 3 e certo, viste le dimensioni dell’acquario, avevano molto spazio a disposizione. Però non sono pesci che si nascondono molto, sono prettamente diurni e sono anche abbastanza vivaci; nonostante ciò, in una vasca così grande il loro comportamento può facilmente sfuggire all’attenzione; l’osservatore più attento, non si lascerà, però, sfuggire alcune annotazioni particolari.

Quelle che ho registrato io, sono le seguenti.

Comportamento

Si tratta di pesci territoriali, ma tale peculiarità si evidenzia soltanto nei confronti di esemplari della stessa specie o di pesci che abbiano comportamenti simili; per esempio, posso testimoniare che una Peckoltia Vittata di pari dimensioni, inserita nella vasca, veniva scacciata da ognuno dei Chaetostoma ogni qualvolta che si avvicinava al territorio di uno dei tre. Alla fine, nonostante non ci fossero vere e proprie aggressioni, preferii togliere la Peckoltia per evitare che si stressasse troppo.

Sono, invece, estremamente pacifici con tutti gli altri coinquilini, sia di piccole che (ovviamente) grosse dimensioni. Nei confronti dei Ciclidi in riproduzione dimostrano una sana indifferenza, non andando a cercarsi rogne in prossimità delle tane o delle uova. Ignorano le larve e gli avannotti.

Il territorio viene creato prendendo come riferimento una parte di una parete dell’acquario, su cui passeranno molto del loro tempo, andando in su e in giù.

 

Non li ho mai visti realmente combattere tra di loro, ma darsi delle testate sicuramente sì; è il loro modo di scacciare l’avversario, gli piombano vicino e con una o più testate lo mandano via. Nella foto si può notare la tipica forma “bombata” del muso, dotata di un cuscinetto di grasso che consente loro di usare la testa come strumento di aggressione o difesa.

La gerarchia si evidenzia in modo particolare al momento del pasto, se si usano pasticche di cibo secco: l’esemplare dominante scaccerà gli altri e tenterà di impedir loro di mangiare, fino a che non si è saziato.  

Non ho esperienza di allevamento in vasche piccole, ma credo di poter dire che, al di sotto dei 100 litri, potrebbe essere rischioso mettere insieme più esemplari: ho la sensazione che l’aggressività del dominante potrebbe, alla lunga, causare la morte morte degli esemplari dominati, sia per stress sia perché, se non si presta particolare cura nel gestire l’alimentazione, la sua aggressività potrebbe impedire ai dominati di nutrirsi correttamente.

Alimentazione

Sono degli ottimi divoratori di alghe, ma svolgono la loro azione prevalentemente su superfici dure e lisce (vetro, legni, rocce lisce); pertanto le alghe che si attaccano sulle foglie o su rocce non lisce, non verranno toccate. Credo che questa caratteristica sia intrinsecamente legata al biotopo di origine, rappresentato da torrenti nei quali scarseggiano le piante e le rocce sono lisce per la costante azione erosiva dell’acqua.

Come dicevo prima, si abituano abbastanza presto a nutrirsi anche di cibo secco in pastiglie. Li vedrete accorgersi immediatamente della pasticca che scende verso il fondo dell’acquario e planare come falchi sopra il cibo quando tocca il fondo.

I miei esemplari gradivano anche le zucchine (ma le utilizzavo veramente con il contagocce perché secondo me troppo inquinanti) e il cuore dei piselli, ovviamente entrambi bolliti per ammorbidirli.


Riproduzione e dimorfismo sessuale

Non ho avuto alcuna esperienza di riproduzione con i Chaetostoma Thomasi, ma credo di essere in buona compagnia perché, da quello che si legge sulla letteratura,  sembra che nulla si sappia sulla riproduzione di questa specie. Da ciò consegue che gli esemplari disponibili per gli appassionati sono tutti “selvatici”, prelevati, cioè, in natura. Su questo argomento, parlando con colleghi di lavoro venezuelani, anch’ essi appassionati di questo hobby, mi è stato segnalato che, nel loro Paese, questo pesce sarebbe stato riprodotto varie volte, ma che non esistono al momento lavori pubblicati ufficialmente, in quanto la riproduzione sarebbe stata sempre casuale. Questa è una informazione su cui ho cercato ulteriori notizie su vari siti in lingua spagnola, ma sinceramente non ho trovato conferme.

Non esiste né dimorfismo né dicromatismo sessuale accertato.

Conclusioni

Nel complesso, dopo quattro anni di allevamento in acquario, posso affermare che Chaetostoma Thomasi è un pesce di facile mantenimento, purchè si rispettino alcune condizioni essenziali, che vado a riepilogare:

  • temperatura dell’acqua non troppo elevata e caratteristiche chimico-fisiche non estreme (direi che non è proprio idoneo per una vasca con Discus)
  • vasche grandi, se si vogliono mantenere più esemplari; altrimenti è il “mangia alghe” ideale per vasche più contenute, dove la densità della popolazione è un elemento critico, perché può, anzi deve essere tenuto da solo, senza conspecifici
  • non deve essere considerato un “pulitore”, perché è tutta altra cosa, si ciba essenzialmente di alghe e non va in giro per il fondo dell’acquario in cerca di resti di cibo
  • le piante non sono assolutamente necessarie per il suo habitat, però se ci sono non vengono danneggiate
  • infine, il costo è accessibile, io li ho pagati 2500 lire (1,30 euro odierni, NDR) cadauno, nel 1995; oggi non credo possano superare il costo di un tradizionale Plecostomus o di un Ancistrus.  Vi posso dare per certo che negli USA, dove vengono commercializzati ampiamente e sono molto apprezzati, costano, da adulti, 4-5 dollari l’uno.

GIOVANNI TERTULLIANI, ex presidente del Club Ittiologico Romano

 

 

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